
Perché rivolgersi ad uno psicologo?
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Cosa significa essere consapevoli di se stessi dal punto di vista psicologico?
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Nel momento in cui decidiamo di intraprendere un percorso di consulenza e supporto psicologico, cosa ci dobbiamo aspettare?
Quando abbiamo cercato il professionista che più fa al caso nostro, quando l’abbiamo contattato e abbiamo stabilito insieme l’ora e il luogo della prima seduta e quando finalmente lo incontriamo, cosa ci dovremmo aspettare?
Innanzitutto il professionista dovrebbe accoglierci in uno spazio accogliente in grado di metterci a nostro agio e di proteggere la nostra privacy. Non vi aspettate il famoso lettino, che può esserci oppure no; l’importante è che ci sia un comodo posto a sedere.
Dopo le doverose presentazioni, il professionista dovrebbe comunicarvi la durata media di ogni singola seduta, che dovrebbe aggirarsi intorno ai cinquanta minuti, e, nel caso del libero professionista, il suo costo.
Dunque, può iniziare il colloquio vero e proprio e, in genere, il professionista ci chiede di esplicitare le motivazioni che ci hanno spinto a contattarlo e, quindi, il problema che ci blocca, nonché la sua origine, la sua evoluzione e le conseguenze negative che esso fa sorgere in noi.
Una volta messo a fuoco l’ostacolo da superare, si passa a stabilire un obiettivo realistico e concreto da raggiungere, anche in base alle nostre aspettative. Questo obiettivo prevede, sì, la risoluzione del problema ma ad essa si giunge attraverso un percorso in cui si impara ad essere più consapevoli di se stessi, a potenziare le proprie risorse (anche quelle latenti che non pensiamo di avere), ed a sviluppare strategie utili a gestire in modo efficace il disagio e le difficoltà riscontrate nel contesto quotidiano. Tale obiettivo è da stabilire insieme al professionista ed è qualcosa che si cercherà di raggiungere insieme, unendo le forze: da una parte le conoscenze tecniche dell’esperto e dall’altra il nostro impegno a mettere in atto un cambiamento nel nostro modo di percepire le criticità riscontrate e, di conseguenza, nei comportamenti che mettiamo in atto nel tentativo di superarle. È un percorso che non termina con una o due sedute, ma ha bisogno di più sedute per permettere al professionista di avere un quadro preciso del nostro problema e, in generale, del nostro funzionamento. È per questo che ci verrà chiesto di parlare di come percepiamo noi stessi e gli altri nei diversi ambiti della nostra vita (familiare, sociale, lavorativo/scolastico, sentimentale…), sul piano del presente, ma anche del passato.
Tutto ciò ci fa intuire che lo psicologo non è un dispensatore di consigli e soluzioni, non è un mago e non possiede la bacchetta magica capace di risolvere in breve tempo i problemi. Egli, piuttosto, è una figura disponibile e non giudicante in grado di ascoltarci in modo empatico e di comprenderci; è un prezioso alleato esperto in materia che può accompagnarci passo a passo nel percorso verso il raggiungimento dell’obiettivo che ci siamo prefissati. Infatti, spesso siamo già in possesso della soluzione e ci serve solo un aiuto, seppur competente, per rendercene conto.
Il percorso di sostegno psicologico prevede, comunque, un numero limitato di colloqui (solitamente si parla di una decina di sedute). E il risultato finale, quando cioè l’obiettivo congiunto sarà raggiunto, dev’essere l’ottenimento da parte nostra di un maggiore benessere psicologico e di una maggiore autonomia nella gestione delle difficoltà quotidiane, grazie anche ai nuovi strumenti presenti nel nostro bagaglio personale, su cui potremo ora contare. Se non sono ravvisabili miglioramenti concreti dopo un numero cospicuo di sedute, è compito del professionista prendere in considerazione ed eventualmente proporci di essere inviati ad un altro professionista, che con le sue competenze potrebbe essere più adatto al nostro caso. Se il nostro psicologo ci propone un invio ad un altro professionista, non pensate a ciò come uno “scaricabarile”; anzi, se egli/ella decide di procedere in tal senso dà prova di onestà e professionalità, oltre ad adempiere ad un obbligo deontologico. Allo stesso modo, egli/ella può proporre l’invio già all’inizio del percorso, qualora si renda conto di non possedere le competenze adatte e quindi di non poterci aiutare.
Infine, è bene ricordare che lo psicologo, per quanto preparato e professionale sia, è prima di tutto un essere umano e come tale può commettere errori. Quindi, se ciò accade non facciamogliene una colpa, ma cerchiamo di parlarne con lui portando come argomento ciò che, secondo noi, sta sbagliando e le nostre eventuali insofferenze al riguardo. Ciò non può che incidere positivamente sul nostro percorso verso il benessere psicologico.




